In realtà, come il conduttore di Striscia ha sottolineato varie volte durante la sua performance, lo spettacolo Chiedo scusa al Signor Gaber andato in scena al Teatro Nuovo, è stato un’improvvisata dovuta ad un buco nella locandina del teatro di piazza San Babila. Il titolo scelto è lo stesso del suo ultimo cd in cui canta e rivisita, insieme con la triestina Witz Orchestra, i brani più famosi del primo periodo del cantautore milanese, da “Il Riccardo a Barbera & Champagne”, “La ballata del Cerreti” e “Torpedo Blu”, “Com'è bella la città”, “Una fetta di limone”, “Porta Romana” e altre ancora. Si tratta tendenzialmente delle canzoni nate dal sodalizio con Umberto Simonetta e che precedono di qualche anno il suo maggior impegno politico e teatrale, che lo porterà ad essere l’iniziatore del cosiddetto teatro-canzone, genere che lo rese e lo rende tutt’ora uno dei più eclettici personaggi del panorama artistico. Questo però non significa che la sua prima produzione fosse meno interessante, anzi: molte di queste furono autentici successi e ancora oggi sono probabilmente le più conosciute e canticchiate.
L’obiettivo principale del cd di Iacchetti, che fu un grande amico di Gaber e come molti trasse ispirazione dai suoi spettacoli, lo spiega lui stesso: “Non è come un disco di Ramazzotti o della Pausini, ma resterà nei negozi a lungo, la gente avrà modo di vederlo e magari di comprarlo. Ho voluto scherzare con le canzoni più famose del primo periodo di Giorgio, con arrangiamenti e sonorità moderne. Per questo gli chiedo scusa, ma il mio intento è quello di farlo scoprire a chi non lo conosce e di non farlo dimenticare a chi sa e apprezza l'opera di quello che considero un filosofo del '900”.
A parte la nobiltà degli intenti, dopo aver assistito allo spettacolo-concerto mi sorge il dubbio che le scuse preventive siano un chiaro sintomo della coda di paglia di Iacchetti, rispetto ad alcune ardite contaminazioni con cui ha rivisitato i successi gaberiani.
Le undici canzoni (bis escluso) portate in scena sono sicuramente molto orecchiabili, ma in alcuni casi le contaminazioni (da De Andrè a Zucchero, passando per Jannacci) hanno completamente snaturato la magia gaberiana che rendeva i suoi brani eterni, dal punto di vista delle tematiche affrontate. In particolare mi riferisco a “Come è bella la città” con i suoi riferimenti all’Expo, a “L’Orgia“ impreziosita (si fa per dire) con “Besame Mucho” (e non solo) e a “Porto Romana a’ bella”, parodia della celebre Porta Romana, spaccato di quella Milano tanto cara a Gaber.
Ma lo spettacolo non è stato solo di canzoni: Iacchetti infatti ha intervallato i brani con riflessioni, divertenti a sprazzi, sulla vita e che a volte mi son sembrate un po’ tirate per i capelli, avendo il solo fine di introdurre la canzone successiva. In compenso però lo showman cremonese ha rivelato ottime capacità vocali e fisiche, degne di un cantante di professione e ricordando, a tratti nelle movenze, lo stesso Gaber.
Sempre dal punto di vista musicale, la Witz Orchestra convince sia per la performance alla chitarra di Tony Soranno che per i due vocalist (tra cui spicca, per il suo falsetto, Loretta Califra, madre dell’altro vocalist e moglie del chitarrista). A questo va aggiunta la notevole performance al pianoforte del maestro Marcello Franzoso.
Mi ha lasciato invece perplesso la discutibile scelta di proporre uno spettacolo-concerto optando per una sessione ritmica pre-registrata e non dal vivo come sarebbe stato naturale, considerato anche il costo (non economico di certo) del biglietto per il pubblico pagante: probabilmente la fretta è stata cattiva consigliera e/o non ha consentito di scritturare almeno un batterista.
Nonostante tutto, lo spettacolo merita comunque un plauso perché in fin dei conti regala un paio d’ore di intrattenimento leggero e mai volgare, cosa abbastanza rara da trovare, soprattutto in televisione. E poi sicuramente nessuno potrà dire che non era stato avvertito: infatti, fin dal titolo, prima del cd e poi dello spettacolo, Iacchetti si scusa, giustamente a mio avviso, con Gaber, anche se, come ha dichiarato lui stesso, “dentro di me sono convinto che questo scherzo gli sarebbe piaciuto, ma solo perché è mio. Fosse di un altro, mi sa di no. E dalla sua foto in copertina (del cd ndr) so che mi perdona".
Chissà se i gaberiani della prima ora la pensano allo stesso modo. Nutro qualche dubbio in proposito.
Christian Auricchio