Inutile girarci intorno: l’adolescenza è una carogna, poco importa come l’abbiamo ricostruita nella nostra memoria. Da adulti tutto quello che ci portiamo dietro è il ricordo delle nostre conquiste, di quanto eravamo precoci rispetto agli altri ragazzi, delle nostre bravate giovanili e dei nostri primi amori. Ma c’è tanto che abbiamo dimenticato.
Arkham Asylum e Black Orchid sono molto probabilmente le due opere peggiori di Dave McKean. Lo stesso autore l’ha ammesso in più di una intervista, il che lascia parecchio interdetti. Perché se questi sono i suoi lavori peggiori, che a più di vent’anni continuano a godere di ristampe stravendute, chi si è perso i migliori farebbe bene a lasciare un bel po’ di spazio libero in libreria.
Alla fine ci sono riusciti. A ripetere la storia dell’Uomo Ragno così tante volte da renderlo un mito ricorrente. Ad accostare la ciclicità di Sisifo alla ridondanza del supereroe americano. Un teorema postulato da quasi trent’anni, ma che al pari del bosone di Higgs solo oggi ha avuto una effettiva dimostrazione.
CIAMPINO- Avrebbe potuto esserci tranquillamente un cartello con scritto “Vietato l’ingresso agli under 30”. E’ chiaro che chi conosce i Kyuss non solo per Josh Homme viene direttamente dall’epoca del “prestami il cd che lo copio su cassetta”, dagli anni in cui Billy Corgan era con certezza il bambino di Super Vicky, dai giorni in cui Courtney Love aveva ancora un carciofo morto al posto del naso.
Come ci si sentirebbe a scoprire che un Beatles ti sta soffiando la ragazza? E’ la prima, incolpevole domanda che potrebbe saltar fuori leggendo le pagine iniziali di Baby’s In Black, di Arne Bellstorf.
Perché non parlarne sarebbe stato davvero antigiornalistico. Perché probabilmente in questa serie c’è la summa di tutto quello che abbiamo amato della fine dello secolo scorso: da Hunter S. Thompson al cyberpunk, dal cinismo da reduce alle sperimentazioni della Vertigo. Perché non averlo mai letto è a prescindere una pecca gravissima.
Se c’è una cosa che i nerd farebbero bene a dimenticare, sono le due chiavi di lettura con cui abitualmente hanno visto un qualsiasi film dedicato ai supereroi: l’occhio di chi legge fumetti da anni, e l’occhio di chi vuole semplicemente valutare la pellicola per ciò che è. Una dicotomia che col tempo ha perso quasi completamente il suo valore.
Ragazzi con superpoteri. L’irreale che entra nel quotidiano. Un concetto vecchio, preistorico: dal semidivino al ragno radioattivo, dal maghetto occhialuto al vampiro teenager. Il superpotere in sé ormai non ha bisogno di troppe spiegazioni, quello che conta davvero è evidenziare il quotidiano, quanto più possibile.
“Sarà la quarta o la quinta volta che vengo qui, e ci sono dal primo anno. E’ una fiera molto familiare, la cui parte artistica è davvero carina. Certo è più piccola rispetto a Lucca ma qui ci sono molti più amici”. Miguel Ángel Martín, autore mai troppo osannato per Brian The Brain, riassume in poche parole tutta quella che è stata l’esperienza del Comicon di Napoli di quest’anno.
Il rapporto tra fumetto e musica è molto più complesso di quanto si possa immaginare. E’ qualcosa che potremmo persino definire amore, a patto che non sia troppo platonico e che al tempo stesso non abbia concrete possibilità di contatto. Un amore come quello tra Devil e la Vedova Nera, forse. O magari un amore tra satelliti, come cantava qualche anno fa Mao.