Non certo per le proposte artistiche, né tantomeno per i premi offerti e gli ospiti presenti, sempre di ottima qualità, quanto piuttosto per i numeri delle persone presenti (minori degli altri anni), oltre che per gli operatori e stand, sempre più in crisi. Il maltempo non ha certo aiutato, come ogni anno. Anche se quest’anno, soprattutto domenica 28, sembrava di stare nell’Antartide, e farsi tutta l’Italia, magari in automobile o col treno, non è certo facile.
Un dato è certo: molte imitazioni sono state proposte nel corso degli anni, ma il MEI di Faenza è unico nel suo genere e probabilmente lo rimarrà. Perché anche in anni difficili come questo, riesce a proporre quel giusto mix di musica, proposte, idee, convegni che fanno incontrare i diversi mondi e professioni presenti nel settore musicale e culturale.
E non è in crisi il MEI, quanto l’intero settore che a fronte di una protesta generalizzata nei confronti del governo contro i tagli alla cultura non ha saputo organizzarsi e protestare attivamente e in modo innovativo, perdendo una volta di più un’occasione di visibilità. Non certo fine a se stessa, ma funzionale per raccontare un mondo, quello musicale, fatto di concerti, dischi, festival, rassegne, libri, che vive, che esiste, che lavora e che addirittura mangia grazie alla cultura.
È una lotta tra poveri, ne siamo consapevoli, ma se non ci si incazza a dovere, dimostreremo di essere sempre più poveri degli altri. E in questa situazione, a volte un soffio di vento gelido, come quello respirato a Faenza, può diventare davvero fatale.
Danilo Grossi