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Jazz cantautoriale alla VI serata MArteLive 2008 con Piji

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Un concerto intenso, e musicalmente molto valido, quello di Martedì scorso all’Alpheus. Tra gli artisti esibitisi, vogliamo ricordare Piji e la sua band che ci hanno proposto una musica tutta da ballare, sì, ma che allo stesso tempo si ascolta molto volentieri anche stando seduti al tavolino.La band al completo è composta da Domenico Sanna, al pianoforte; Filippo Schininà, alla batteria; Matteo Ruberto, alla chitarra; Luca Iaboni, alla tromba e al filicorno; Biagio Orlandi, sax soprano e sax tenore; Matteo Locasiulli, contrabbasso e naturalmente, Pierluigi Siciliani, in arte Piji.
Jazz quindi al MArteLive della sesta serata, tra l’altro con un programma davvero eterogeneo, ma legato alla canzone d’autore. Tra le figure che hanno avuto influenza sul cantautore romano, Sergio Caputo e Giorgio Gaber. Bisogna, a onor del vero dire che con Piji l’Alpheus ha assunto magicamente le sembianze di un jazz club americano, ma rivisitato in chiave italiana, per non dimenticare la provenienza geografica degli interpreti.

Cantautore, scrittore, giornalista musicale: una personalità poliedrica e interessante che si riflette anche nei testi, nelle musiche, nelle atmosfere senza tempo che Piji e il suo gruppo riescono a ricreare. Una musica affascinante che porta con sé una buona dose di malinconia, ma sa anche essere divertente con venature a tratti davvero pungenti.

Si trattano temi che appartengono alla nostra storia, come l’ostilità del regime fascista nei confronti del nascente stile jazz, che si guadagnava al tempo l’appellativo di “musica negroide”, o della nostalgia dell’emigrante italiano che parte da solo in Germania tenendo ancorato nel cuore il ricordo dell’Italia. Nel primo caso stiamo parlando de “L’Ottovolante”, pezzo in stile Swing anni ’20, che oltre ad essere un omaggio al jazzista nostrano Natalino Otto è una polemica in chiave ironica sull’atteggiamento dei passati regimi dittatoriali nei confronti del jazz stesso. Ne “I cigni di Ninfenburg”, invece, si raccontano le pene di un italiano che negli anni ’70 va in Germania da turista e poi ci rimane a vivere. In questo brano vengono usate sonorità allegre per raccontare temi molto nostalgici, creando una suggestiva contraddizione tra forma e sostanza. “E adesso guardo le stelle…ma nella TV. E bevo birra, anche se non mi va …”, recita la canzone.

E l’atmosfera un po’retrò è rievocata con le note in tre quarti del Waltzer di notte, che chiude un concerto ben riuscito ed apprezzato da un pubblico sempre più Live.

(Stefania Carta)

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