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Manifesto per l’eliminazione dei maschi

ROMA- La popolazione tutta è divisa in due macrogruppi: i maschi e le femmine, gli uomini e la donne, a loro volta catalogabili sotto gruppi più piccoli. Gli eterosessuali e le checche. Le figlie di papà e le scum. Quanto ai primi due, i meno innocui sarebbero i secondi, vista la loro impossibilità a riprodursi.

Gli altri – sostiene l’autrice Valerie Solanas, che proprio bene non doveva stare visto il suo tentativo di uccidere Andy Warhol – andrebbero semplicemente soppressi. Quale sarebbe infatti la loro funzione nella società, a parte rovinare la vita alle donne? Quali le loro ambizioni al di là dell’accumulo spropositato di soldi? Quali i loro interessi oltre la fica?
È un maschio un po’ neandertaliano quello che ne viene fuori, serie incompleta di cromosomi, aborto mancato e pertanto nocivo. Così procede la prima parte del Manifesto per l’eliminazione dei maschi, giovedì 21 giugno al Teatro Belli di Roma per la XIX edizione della rassegna di teatro omosessuale Garofano Verde.
Un reading che fa ancor più ridere se affidato alla bravura composta di Maria Paiato, che in apertura confida la suaMaria Paiato 2 appartenenza a uno dei gruppi di cui si diceva all’inizio: le figlie di papà. Delle donne si parla infatti nella seconda metà. Di quelle educate dai padri, la cui sola ambizione è renderli felici, prima di riversare il loro amore su un altro uomo come fossero ancelle. È in fondo anche colpa loro se il mondo di oggi non va. Ma, ne è certa l’autrice, una volta eliminato il maschio, sapranno ravvedersi. Di tutt’altro tenore sono le donne scum, acronimo di Society for cutting up men. A loro, in primis, è affidato lo sterminio. Parola d’ordine sabotare e in pochi mesi avranno il comando. E qui, finito lo spettacolo, iniziano le riflessioni del pubblico. Davvero noi maschi siamo così pessimi? Davvero la parte omosessuale è la migliore di noi? Davvero siamo delle femmine mancate, se al nostro cromosoma Y manca la stanghetta che lo renderebbe uguale al cromosoma femminile X? Perché a giudicare dalle (tante) risa delle signore in sala parrebbe proprio così. E in fondo un po’ di autocritica sarebbe giusto farcela. Abbiamo, per secoli, da sempre, voluto comandare. Non sarà davvero arrivato il momento di passare la palla? Unica preghiera rivolta alle lettrici: carissime, abbiate un po’ di pietà. Siamo già tanto bravi a farci del male da soli.

Matteo Mastrogiacomo

 

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