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Litfiba Reunion Tour @ Palalottomatica

Roma –  19 aprile 2010

Il ritorno del Bandido

 

È un fresco lunedì primaverile il giorno in cui i Litfiba si rimaterializzano nella Capitale.

 

L’aria è frizzante, il Palalottomatica è gremito e l’atmosfera galleggia tra attesa euforica e revival nostalgico: giovani e meno giovani sfoggiano t-shirt storiche e sorrisi che tradiscono la gioia per la fine di un’attesa durata oltre un decennio.

 

E i Litfiba di Piero Pelù e Federico “Ghigo” Renzulli non tradiscono quest’attesa: lo confermano le quasi tre ore di un live tirato, lirico, a tratti pirotecnico come nei giorni migliori, suonato con mestiere e voglia, e ben lontano dall’essere una mera celebrazione.

 

Sfumata quasi subito la ventilata ipotesi di reintegri “storici” come il basso di Gianni Maroccolo e le tastiere di Antonio Aiazzi (la formazione dei primordi vedeva inoltre alla batteria il compianto Ringo De Palma, commemorato nella splendida “Il Volo”), il duo Pelù-Renzulli mette quasi del tutto da parte l’ultimissima parte degli anni Novanta, foriera di successi ma anche di dissapori ed episodi musicalmente da dimenticare.

 

L’intento è invece il recupero e la rielaborazione del linguaggio e della poetica espressi dalla band nel periodo immediatamente successivo agli albori new wave: ecco quindi, a completare la lineup la batteria di Pino Fidanza, il basso di Daniele Bagni (già Litfiba nei secondi anni Novanta), e le tastiere di Federico Sagona.

 

Da queste premesse, una scaletta che in altri tempi si sarebbe quasi scritta da sola sulle note di hit più o meno recenti si trasforma in una festa tutt’altro che banale: tanto i classici quanto i ripescaggi fondono istinto, evocazione e arguzia in un rock arioso e denso di fermento sociale.

 

Nonostante la non esaltante acustica del Palalottomatica, lo show si traduce in una miscela di roboanti cavalli di battaglia (l’introduttiva “Proibito”, dai significati eloquenti oggi come ieri; i climi torridi di “Tex” e “Maudit”; l’ironia esplosiva di “Gioconda”; la visionaria “Fata Morgana” o le sorridenti “Spirito” e “Lacio Drom”), alternati a riletture di un passato meno noto ai più.

 

Al repertorio di più vecchia data è riservata infatti un’ampia fetta del concerto: “Resta” omaggia la new wave di 17 Re , “Cuore di vetro” è sensualità applicata al grunge, mentre il punk’n’roll di “Ci sei solo tu” fa il paio con le liriche di “Dio”, “Bambino” e “Paname”.

 

Più che in alcune precedenti incarnazioni della band, la sorpresa è il recupero della centralità delle tastiere: puntuale e perfettamente a suo agio, Federico Sagona si mette in evidenza come un ottimo acquisto.

 

Il resto è storia nota: piaccia o no, la musica dell’ensemble fiorentino era e resta inconfondibile, e con essa il tocco visionario e graffiante della chitarra di Ghigo Renzulli: solida e appuntita la sua prova, tra riff classici e improvvisazione.

 

Una menzione a parte merita infine quella sorta di bardo ebbro che risponde al nome di Piero Pelù: l’ultimo decennio lo ha visto ingrigirsi e contare solo sul suo naturale talento espressivo, oscillando tra episodi solisti ora validi ora imbarazzanti.

 

Ebbene, se si è avuta la netta sensazione che un nome come quello dei Litfiba sia stato restituito alla scena musicale italiana in tutta la sua forza espressiva, il merito ci è parso essere principalmente del frontman fiorentino. Che, splendido cinquantenne, sembra non aver subito il lavorìo del tempo, e dal palco vola, aizza, provoca, fustiga politica, conformismo e religione, guidando il pubblico in quel rito che è ogni concerto.

 

Bentornati, Bandidos.

 

 

Chiara Macchiarulo

Chiara Macchiarulo, litfiba, Palalottomatica

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