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Feticismo ed arte

L’arte si osserva, l’arte si vive, l’arte si ascolta, si compra e si vende, l’arte si possiede ma di arte si è posseduti.
Abbiamo voluto impostare questo numero del MArteMagazine proprio per cercare di capire e di chiarire (anche attraverso l’intervista al prof. Massimo Canevacci su MArteLive Onde Radio) come il “flusso d’arte” di cui avevamo parlato nel primo numero, possa vivere il mittente e il destinatario del flusso stesso. Il bisogno di toccare l’opera d’arte, di possederla e di esserne posseduta, appunto. Feticismo dell’arte dunque; quando l’amore per l’arte diventa una religiosità primitiva che prevede la vera e propria adorazione di oggetti, feticci che possono arrivare ad avere poteri magici.
“Ciò che vien meno nell’epoca della riproducibilità tecnica è l’aura dell’opera d’arte” diceva Walter Benjamin ne “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” agli inizi del ‘900; ed ancor più vero oggi che con il web e con la “musica liquida” sempre meno legato a supporti, (ma evidente anche in altri settori quali la fotografia e le arti visive) viene a decadere il feticismo dell’opera d’arte. Ovvero il bisogno impellente di comprare un disco (una foto, un film o un libro), togliere la protezione, inserirlo su di un mangiadischi, sdraiarsi ad ascoltare, magari avendo ancora fra le mani, quasi come un trofeo di caccia la copertina, o il “packaging” come viene chiamato oggi nel marketing.
Fine del feticismo del disco dunque? Non sembra proprio, anzi! Gli ultimi dati della discografia, infatti sono molto interessanti. A fronte di una perdita complessiva altissima (nessuna sorpresa no?) c’è un dato che salta agli occhi. L’unico saldo positivo riguarda la vendita del vinile, +249% gli album e +400% i singoli (!!!), nel 2007 rispetto al 2006. Il vinile, quell’oggetto misterioso, quello che quando lo hai in mano, lo tieni con cura, vedi la polvere e ne percepisci la storia, quello che non vedi l’ora di tornare a casa per toccarlo di nuovo. E poi le copertine così grandi e diverse e colorate ed uniche. Sarà forse una nostalgia retrò, ma vista la tendenza (perché di tendenza si parla visti i numeri comunque risibili), nonostante siamo tutti tecnicamente all’avanguardia, ci piace pensare che quel vinile e con tutta “l’aura” che porta con sé, non muoia mai e magari rimanendo se stesso sappia rinnovarsi…

PS. Cosa vi aspettavate di leggere nell’editoriale dedicato al fetish? Tette e culi? Stavolta no…

danilo grossi, feticismo

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