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Trote: rimedio per una vita frenetica

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[TEATRO]

output_immagineROMA- Il Teatro Sala Umberto ha concluso la programmazione di Maggio con lo spettacolo Trote, scritto dall’autore Edoardo Erba appositamente per la coppia Nicola Pistoia e Paolo Triestino.


Il duo già collaudato da altre commedie di successo (Muratori, Grisù Giuseppe e Maria, solo per citarne un paio) conferma l’impegno per un teatro di qualità che si radica nella radici romane senza però chiudersi in una nicchia di genere. La particolarità dello spettacolo è senza dubbio quella di affrontare temi niente affatto leggeri come la  morte e i complessi legami tra gli uomini, attraverso la forma della commedia comica.
Maurizio (Paolo Triestino) è un moderno malato immaginario romano pieno di ansie che ritira l’ennesima analisi di controllo in compagnia della moglie (una non secondaria Elisabetta De Vito). Questa volta l’esito non lascia scampo e, a fronte di pochi mesi di vita per la diagnosi di un cancro maligno, l’uomo confessa i propri sentimenti alla sua compagna, di amore e di colpa per un tradimento con la cugina di lei, tutto in un susseguirsi di battute che dettano il ritmo.
La confessione però viene interrotta da una scoperta assurda e provvidenziale: l’infermiera di turno ha scambiato le analisi con quelle di un’altra persona, tale Luigi Marcucci. Così attraverso un classico espediente della commedia, il malinteso, l’azione può svilupparsi e la scena seguente segna l’ingresso in scena del secondo protagonista, un burbero pescatore sulla sessantina intento a pescare trote nell’Aniene, poco distante dalla Città Eterna.
Luigi Marcucci, operaio malato di fabbrica che vive ancora con una madre ingombrante mentre sogna un tardivo paolo_triestino_e_nicola_pistoiamatrimonio con la sua fidanzata dell’Est. Maurizio lo cerca per consegnare le analisi, ma un nuovo imprevisto dilata il momento della rivelazione e tra battute e doppi sensi assistiamo alla nascita di un rapporto commovente e buffo. Inizialmente Luigi è infastidito dalla nuova presenza che così inspiegabilmente cerca la sua compagnia: un guardia pesca? Uno che vuole fregargli il posto? Perché ogni pescatore ne ha uno che non è solo il suo posto di pesca, ma il suo eremo, il ritiro tranquillo da una vita poco piacevole e un’invasione non è mai ben accetta. Le reticenze però si dissolvono in amicizia vera, “come Tex” commenta l’operaio, che si svela essere un uomo fondamentalmente buono e saggio. Solo un nuovo imprevisto costringe Maurizio a confessare la dolorosa verità al suo nuovo amico al quale aveva deciso di celare un destino così crudele. Si lasciano con la promessa di rivedersi, ma la scena finale sorprende ancora: è passato un anno e i due si incontrano per la prima volta dopo la nascita della loro amicizia, forse per Maurizio non così importante, infondo. Il finale ha note più cupe rispetto al resto brioso e incalzante e scopriamo che l’intera scena del dialogo tra il fantasma di Luigi e il suo ex-amico si svolge solo nella mente delirante di quest’ultimo: la moglie, eterna testimone, lo ritrova terrorizzato nella cantina di una vecchia zia, rifugio degli anni giovanili.

In teatro i due attori, che in televisione ricoprono spesso praticamente solo parti marginali, possono finalmente ritrovare il ruolo di protagonisti che per la loro bravura tecnica esaltata senz’altro dall’affiatamento raggiunto in anni di felicissime collaborazioni.

Francesca Paolini

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