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Togaci: l’arte è come il cibo

Omino_Shiba-ok
[GRAFFI(A)TI AD ARTE]

Omino_Shiba-okQuesto aprile si chiude con la pioggia e trascorrere una serata circondata di arte è stata decisamente la scelta più indicata per il mio spirito metereopatico.


Dopo aver cambiato tre mezzi, il tram si è rotto a piazza Vittorio Emanuele II, sono arrivata, zuppa e desiderosa di calore, all’HulaHoop Club. Il nuovo locale nel quartiere Pigneto, che, ogni sera offre un programma diverso: teatro, letteratura, musica e arte. Tutto inscatolato nei colori della terra; il rosso, il bordeaux e qualche tocco di vinaccio rendono l’ambiente ovattato e tranquillo.
Menu della serata: collettiva d’arte curata da Togaci. Il ritorno di Lilly and Noise. Marco Lilly_and_noise_Togaci“About”, Luigi Alieni, Giovanni Lancellotti, Valerio Pierbattista e Valentina Zummo di nuovo insieme sotto l’ala protettrice di Togaci.
La pioggia è ormai un ricordo, la musica inizia e Marco “About” con l’ukulele è il cameo della performance musicale del duo voce e chitarra LivtheKid. Togaci è decisamente contenta, è quasi un nuovo inizio per la curatrice torinese, che mi racconta come si sia affacciata al mondo artistico in una città che l’ha formata culturalmente e umanamente, e che negli anni ’90 era un pullulare di espressioni culturali interessanti. “Ho iniziato con una galleria, la Togaci Art, in via Mazzini a Torino, ma non mi bastava questo spazio; avevo bisogno di portare l’arte ovunque: nelle macellerie, panetterie e nei locali aperti di sera. L’arte è come il cibo!”.
L’idea di Togaci sembra molto semplice adesso: portare l’arte ovunque nelle sue forme più disparate, ma lei lo fa dal ’99, da quando è arrivata a Roma per seguire l’amore e l’arte. Musicista, cantante, pittrice, fotografa, orafa, la sua curiosità artistica è totale, e proprio perché il suo sguardo va oltre al semplice progetto artistico, Togaci, inizia ad occuparsi degli artisti giovani. “Il progetto è che gli artisti aiutino gli altri artisti”.

foto3La sua idea di curatela è molto femminile, Togaci non realizza la mostra e chiude il progetto, segue i “suoi ragazzi” li sprona ad individuare le loro velleità, li stimola a trovare nuove forme espressive e a comunicarle, fondamentalmente cerca di escluderli dall’isolamento. “Molti artisti vengono quasi abbandonati. Quando penso per esempio ad un’esposizione, anche solo di due artisti, cerco un denominatore comune, faccio in modo che gli artisti si guardino e si riconoscano”.
Così Togaci ha scoperto Valentina Zummo che adesso fa parte della scuderia della Mondo Bizzarro Gallery, ma anche se la Zummo espone i suoi lavori in collettive con i più importanti artisti pop surrealisti italiani e internazionali, torna sempre di buon grado a lavorare con la curatrice torinese.
Con lei in mostra le opere di Gianni Lancelotti e Valerio Pierbattista, due grafisti molto semplici nei tratti, ma poco semplici nei temi trattati. Pierbattista è crudo e graffiante come le linee di Basquiat, in questi piccoli quadri troviamo molto del dolore dell’artista newyorkese. Se quest’ultimo riusciva a fare a meno dei critici, ricordiamo la sua celebre farse: “Non conosco nessuno che ha bisogno di un critico d’arte per capire cos’è l’arte”, Pierbattista, invece, è uno degli artisti che Togaci segue da anni, perché il curatore non deve spiegare l’arte, ma deve aiutare a farla.
Tatuaggi sul corpo e sulla tela quelli di Marco “About” e Luigi Alieni che si ispirano al mondo dei disegni sulla pelle e creano delle immagini per rivestire anche il pensiero, che qui appare bipolare. Lancelotti apre la mostra con una visione sognante in cui i ghirigori intrecciano i desideri colorati, Marco “About” la chiude giocando con la morte con lo stesso spirito dei messicani nel Dia de los muertos. Un modo per rappresentare l’arte in tutte le sue forme, per far incontrare diverse visioni artistiche e creare un sincretismo che coinvolga il colore e arrivi fino alle note musicali.
Lilly and the Noise Collective sarà ospite dell’HulaHoop Club fino all’11 maggio, e Togaci mi ha svelato il nome del suo prossimo progetto: MY WAY, L’arte a modo mio. Che lei sintetizza come il luogo fisico e mentale dove un artista può e deve essere se stesso. Ecco cosa fa una brava curatrice: credere nei suoi artisti e permettere a loro di credere in loro stessi.

Shiba

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