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Johan Zoffany alla Royal Academy di Londra

Omino Shiba-ok

[GRAFFIATI AD ARTE]

Omino Shiba-okA Londra è arrivato il bel tempo, peccato non trovarsi lì adesso, vistare i parchi di quella città mi sarebbe piaciuto, invece la mia prima volta a Londra è stata decisamente umida. Quindi per forza di cose era necessario trovare un riparo, ma non sempre tutti i mali vengono per nuocere!

Un giro alla Royal Academy of Artist per aspettare l’ora del tè mi ha fatto scoprire Johan Zoffany e come questi interpretasse il suo tempo.
Fino al 10 giugno una retrospettiva di Zoffany è ospite del luogo che lo lanciato come artista: la Royal Academy di Londra. Risale al 1766 la sua nomina a membro dell’Academy da parte di re Giorgio III. Zoffany fu servitore della famiglia reale e rappresentò al meglio lo spirito della monarchia inglese in quel periodo.
Un tedesco asservito al casato inglese. Non c’è da stupirsi visto che Giorgio III era un Hannover, il casato tedescoZoffany1 che regnò in Gran Bretagna e in Irlanda dopo la successione al Casato degli Stuart; plausibile una certa predilezione per questo artista nato a Francoforte nel 1733.
La pittura neoclassica di Zoffany serviva alla monarchia per esprimere la sua imperante bellezza. Dopo gli studi romani, Roma era una tappa immancabile per la formazione di un artista all’epoca, era fondamentale avere un occhio al passato forse per dimenticare il presente. Per Zoffany studiare il mondo classico significava ritrovare l’ordine e l’armonia di una bellezza senza squilibri che avrebbe potuto rasserenare gli animi turbolenti in un’Europa ormai pronta alla Rivoluzione Francese. Zoffany aveva 56 anni nel 1789, era già un’artista della corona inglese e doveva aiutarla a difendersi dall’onda anomala, d’altronde il mondo classico servì agli stessi ex sanculotti per ripristinare un nuovo ordine. Così, Zoffany ritrattista della famiglia reale la trasformò, il principe Federico diventò Cupido e Zoffany difese i suoi protettori e il suo mondo con la bellezza, il disordine lo terrorizza come dimostra ne Pludering the King’s Cellar at Paris del 1794 (Saccheggio della cantina del re a Parigi).

L’artista doveva creare un mondo in cui estraniarsi dalle brutture, la sua ricerca della grazia approdò al teatro. I suoi conversation pieces si allargarono di prospettiva salendo sulle scene, e il teatro assurse a rappresentazione di un tempo e di un società con il bisogno di mantenere il decoro anche sul palcoscenico, ma che poi sapeva divertirsi Zoffany7scrutando e mostrando le gambe, e non solo, sul parco di St. James’ Park popolato di notte da oltre 6.5000 persone che si erano fatte fare la copia del cancello quando questo fu chiuso per decenza. Anche il Greenwch Park, come ci spiega Luciano Spadanuda ne Storie delle mutande, “le ragazze, trascinate dai compagni, cadevano e arrivavano in fondo con le gambe all’aria tra il divertimento e l’eccitazione degli spettatori”. Ora che ci penso, forse non è stato un male non andare nei parchi londinesi, ma avrei potuto vedere un musical, Londra ne ha i teatri pieni, è a teatro che si vedevano delle belle cosce anche all’epoca di Zoffany, eppure nessuna di queste compare nei suoi quadri.
L’attore, drammaturgo e produttore David Garrick lo avvicinò al mondo del teatro e Zoffany divenne il pittore del teatro shakespeariano e di quello popolare, ma anche qui il teatro era lontano dalla realtà, idilliaco e perfetto come la società che si doveva mantenere fredda alle passioni e che poi si nascondeva nei parchi per viverle. Anche nei suoi dipinti sull’Italia, presente in mostra La Scartocciata, una festa popolare che si svolge nei pressi di Parma, il concerto non è reale, si apre come una scena teatrale e non prende con sé lo spettatore per farlo danzare al suono del violino.
Forse anche per questo la pittura di Zoffany non fu apprezzata molto dai suoi immediati successori, pittore di corte e di una società lontana dalla vita vera, anche nel suo viaggio in India i momenti descrittivi forti sono rappresentati come delle scene mitiche, in cui i protagonisti perdono la loro personalità e si distaccano dalla realtà.
Nei suoi quadri ricercava la bellezza e la usava per allontanarsi dalla vita, una distanza fatta di velature a olio, in cui il tempo uccideva le passioni, come in un suo quadro in mostra, Chronos, dio del tempo taglia le ali di Eros, dio dell’amore.
Ma il tempo è stato clemente con Zoffany e ne Society Observed, la retrospettiva della Royal Academy viene raso omaggio all’intera opera di uno dei suoi artisti.

www.royalacademy.org.uk

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