Matteo Suffritti: lo stimolo deve essere interno
Un uccello morto in “/cascate di vomito/”, un manichino coperto di terra, alcuni degli scatti di Matteo Suffritti, vincitore della Sezione Fotografia dell’edizione MArteLive 2011. Il fotografo milanese racconta il suo percorso artistico e le sue scelte di impatto.
Come ti sei avvicinato al mondo della fotografia?
Ho iniziato con l’analogico, che per me rimane sempre una porta aperta. Ho realizzato un progetto fotografico esposto nel 2008. Poi mi sono avvicinato alla pittura e mi sono reso conto che certe immagini le avevo nella mia testa, quindi ho deciso di svilupparle in un modo più profondo e sono passato al digitale. Rispolvero la camera oscura quando voglio far dono delle foto che scatto. La mia camera oscura è il mio bagno. Ho un ingranditore e lo trasformo. La magia dello sviluppo mi affascina sempre. La magia è la chimica.
Quali immagini o figure suscitano il tuo interesse?
Lo stimolo deve essere interno, non ho voglia di trovare uno stimolo esterno. Il mio è un discorso che parte dall’interno e che devo rappresentare. Mentre lavoravo al progetto …conscio/, che ho presentato al MArteLive, dopo aver creato due o tre immagini, mi sono reso conto che avevo bisogno di aggiungere qualcosa. Volevo dire altro. Volevo dare il mio punto di vista, ecco perché ho aggiunto delle didascalie che non spiegano lo scatto, ma aggiungono altri elementi.
In fondo, trovo che le didascalie aggiunte siano semplici, e lasciano libertà interpretativa al pubblico.
Le didascalie che diventano parte integrante della foto, il plexiglass che indurisce le immagini, l’esposizione del progetto fotografico non è consueto. Come mai hai scelto questo modo per esporre le foto di …conscio/?
Perché mi annoiava esporre in altro modo. Detto molto semplicemente! Il tutto dipende dalla fotografia che si sceglie di presentare. Si tratta di un discorso estetico e io ho preferito scegliere questa presentazione, perché mi è piaciuta come soluzione.
I tuoi soggetti sono crudi, non sei il primo a scegliere tematiche del genere, ma se non si è Oliviero Toscani a volte il pubblico non riesce a digerire rappresentazioni così forti.
Le persone che hanno visto le mie foto hanno apprezzato. Appunto, non essendo “un Toscani” rimangono lì dove sono. C’è difficoltà nella vendita, ma qui apriremmo un discorso molto ampio rispetto al business dell’arte. Per esempio, ho venduto molto bene degli scatti che facevano parte di un progetto in analogico dedicato a Milano. Quel tipo di scatti è più facile da vendere, ma mi rappresenta sempre di meno lavorare su soggetti così semplici.
Infatti, hai scelto delle tematiche difficili.
Sì, negli scatti c’è una carrozzella, il testo “/corri uomo/ corri senza meta/ingenua speranza/ concepisci la presunzione/ di un essere superiore/” che accompagna la didascalia si collega a Nietzsche, quando l’ha vista una persona che ha questo problema è rimasto folgorato.
Gli scatti di …conscio/ che hai anche presentato allo Spazio Mitreo di Roma, dopo la vittoria al MArteLive, parlano di varie tematiche. Cosa hai voluto approfondire?
Il progetto parla dell’economia malata, della guerra, della figura della donna, del dolore e della natura. Per esempio la foto con il manichino a pezzi fa riferimento alla donna. Si pensa alla figura femminile che si collega alla natura. Spesso la donna non ha la possibilità di avere una voce forte, in fondo è sempre sottomessa da una voce maschile. La didascalia dice: /sei nata senza bocca/ ; perché è il figlio che la rende muta.
Oltre al filosofo tedesco Nietzsche, hai avuto degli altri riferimenti per questo progetto?
Il Dialogo della natura e di un islandese (Ne Operette morali di Leopardi, N.d.R) mi ha sempre interessato questo scritto in cui si spiega come l’uomo abbia sempre disprezzato la natura.
Su cosa stai lavorando adesso?
A Italian Soviet Block, si tratta sempre di un lavoro in digitale. Questo progetto nasce dal fatto che sono stufo di quelle persone che vanno all’estero e tornano in Italia e guardando all’edilizia dell’est, usano espressioni come “povera gente”. Noi non avremo l’impatto di Belgrado, ma anche qui c’è un’edilizia spaventosa, anche qui da noi ci sono dei palazzoni. Le Corbusier (architetto, urbanista, pittore e designer svizzero naturalizzato francese, 1887 – 1965 N.d.R) sosteneva che una casa dovesse avere tutti i servizi. Ma l’edilizia non si è sviluppata in questo senso. Basti pensare al palazzone del Corviale dietro al Mitreo a Roma. Il progetto fotografico si sviluppa nelle periferie di Roma e Bologna. Mi ha stupito trovare in questi luoghi persone che, comunque, riescono sviluppare un loro “centro”. A dispetto dello sviluppo dell’architettura che non li ha supportati di un centro.
Un altro progetto su cui sto lavorando, invece, riguarda sia la fotografia che la video istallazione. Ed è legato a 1984 di Orwell. Sulle pareti del Ministero della Verità è inciso: “La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza”. Questo è il titolo del lavoro.
Credo che dopo gli anni ’70 lo spessore culturale si sia notevolmente abbassato, come se adesso ci reggesse l’ignoranza.
In che modo è sviluppato questo lavoro?
Si tratta di un video che va in loop e guardato da migliaia di occhi. Migliaia di occhi che guardano un video che si ripete a oltranza.
Mi sembra un progetto di difficile presentazione. Quali spazi lo hanno accolto?
L’ho sviluppato dopo l’esperienza del MArteLive, con il collettivo artistico con cui collaboro, anonimartisti, r-EVOLution, a Torino è stato presentato a Paratissima, l’evento parallelo ad Artissima di Torino. Si tratta di un lavoro realizzato a quattro mani, il video è stato realizzato da Francesca Lolli.. Si tratta di una scena macabra, in cui una ragazza tiene un cuore in mano. È legato alla morbosità. La ragazza nel video si trucca e si maschera. Questo lavoro racconta la paura che abbiamo un po’ tutti, quella che ci vede al centro dell’attenzione. Ci sentiamo osservati, ma il punto è che la paura si trasforma in volontà di essere osservati.
Suffritti gioca con le ansie e mette il pubblico di fronte alle sue esagerazioni, a tutto ciò che è spropositato e innaturale, lo estremizza e lo presenta per mettere il pubblico davanti a se stesso. Un fotografo coraggioso che legge il suo tempo e prova a suscitare domande e interrogativi in chi si trova davanti ai suoi lavori. Ritorna il ruolo sociale dell’arte e la fotografia è una lettura della realtà profonda e come lui stesso definisce “inconscia”.
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www.anonimartisti.it
Rossana Calbi
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