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Terraferma, regia di E. Crialese

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Terraferma_2A Emanuele Crialese piace il mare. E di questo ne abbiamo avuto l’ennesima conferma con il suo ultimo capolavoro, Terraferma, in cui, dopo Respiro e Nuovomondo, torna a parlare agli spettatori con un lungometraggio che racconta scene di vita umana vissuta a metà tra terra e acqua, un ennesimo trionfo che gli ha regalato il premio speciale della giuria alla 68° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia proprio qualche settimana fa.

C’era da aspettarselo perché Crialese, classe 1965, romano ma con origini siciliane, ha saputo convincere la giuria della mostra grazie alla sua capacità di raccontare attraverso le immagini una vicenda molto delicata che appartiene alla storia dell’esistenza umana: l’immigrazione.
Il film è ambientato su un’isola molto piccola della Sicilia, uno di quei posti in cui gli abitanti si conoscono, in cui la pesca è la prima risorsa assieme al turismo che invade le spiagge bagnate dal mare azzurro in cui si rispecchiano i pesci. E il mare ha le sue leggi, diverse da quelle della terra: gli uomini si aiutano tra di loro, non importa la provenienza o il colore della pelle. Anche un clandestino ha diritto all’accoglienza, in mare non si lascia nessuno: questa è la legge dei pescatori. E Ernesto (il cuntista Mimmo Cuticchio) è un pescatore. Un giorno mentre sta pescando con suo nipote Filippo (interpretato da un fantastico Filippo Pucillo) soccorre dei clandestini, tra cui un bambino e una donna incinta che decide di portare a casa per aiutarla a partorire.
Ma le leggi dei pescatori sono diverse da quelle sulla terraferma con cui si scontra Ernesto e la famiglia a cui viene sequestrata l’imbarcazione da un cattivo (ma tanto bello in uniforme) Claudio Santamaria in versione Guardia di Finanza, poiché rea di aver caricato a bordo dei clandestini.
Ernesto, Filippo e sua madre Giulietta (Donatella Finocchiaro) vivono il dramma della donna africana soccorsa, mentre intanto fuori i turisti invadono l’isola.

Il grado di umanità dei pescatori, la semplicità di Giulietta e l’ingenuità di Filippo sono le qualità della specie umana messe in campo da Crialese, il quale sfodera il suo talento a suon di spettacolari riprese dall’acqua che incantano lo spettatore: il silenzio e la calma del mare che ospita i pescatori vengono interrotti dal rumore dalle navi dei turisti. Una doppia personalità dell’isola che il regista sceglie di mostrare ripetutamente, senza mai appesantire la trama del film in cui anche Beppe Fiorello, che interpreta Nino, zio di Filippo, si trova a suo agio. Gli ingredienti giusti per il successo ci sono tutti: attori, immagini, colonna sonora e soprattutto la trama, le vicissitudini di migliaia di persone che fuggono dal proprio paese, che il mare accoglie o seppellisce, ma che il mondo intero continua a chiamare clandestini.

Eva Di Tullio

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