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Best Major Festival: l’Heineken Open’er Festival

Heineken-Poland

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3 LUGLIO

strokes_1Quarto ed ultimo giorno: dopo un’allegra mattinata a costruire castelli sulla spiaggia bagnata dal Baltico, ritorniamo sul campo del festival. Sul palco principale The Black Tapes, The Wombats e poi arriva finalmente il turno degli Strokes. Già dal mattino si nota l’improvviso manifestarsi di orde di inglesi giunti appositamente per loro. E poi l’abbigliamento medio non lascia dubbi.
Un bel bagno di grunge revival e indie rock per il popolo festivaiolo che se l’è goduta alla grande tra pogo e troppe persone strette strette a saltare (sai quando fai più fatica a stare fermo che a saltare?). I pezzi sono per lo più del primo album di successo – quello che tiene in ombra tutti i lavori successivi – Is this It del 2001, da cui riesumano “New York City Cops”, “The Modern Age”, “Last Nite”, “Someday”, “Is this It” e “Trying Your Luck”, quelle che eccitano di più i loro fan. Ad intramezzarle qualche sprazzo del secondo album (“Reptilia”, “What Ever Happened?”, “Automatic Stop” e “Under Control”). La dinamica ritmica rimane per lo più sulla stessa linea d’onda (il rischio che si corre quando si vuole imitare sé stessi senza portare novità significative) mentre il signor Casablancas non parla troppo, sembra non sapere che dire, o meglio, si esprime canticchiando motivetti anche per dire “oh che bello essere qui, ma che pubblico fantastico”. Snobbismo? Ci sono o ci fanno? Boh. Nel frattempo compare anche qualche pezzo del disco appena uscito, Angles, con “Machu Picchu”, “Taken For A Fool”, “Under Cover of Darkness” (la hit del momento che fa sobbalzare tutti), la beatlesiana “Life is Simple in the Moonlight” e l’ipnotica “You’re so right”. Sul palco Julius da fastidio a chiunque dei suoi compagni: copre gli occhi al chitarrista, si infila tra la batteria, si siede e fa lo splendido nel suo chiodo di pelle nascosto dai suoi occhialoni da sole.
Un’ora e un quarto appena in cui riescono a infilare anche due hit di First Impressiono of Earth, “You Only Live Once” e “Juicebox”. E, a parte “Gratisfaction”, anche il gran finale viene affidato al primo album con “Hard to Explain” e “Take it or Leave it” preso effettivamente alla lettera dai fan degli Strokes: sta facendo il suo bagno di folla, Casablancas, affacciandosi tra le transenne, quando qualcuno gli strappa via gli occhiali e lui fugge via, ridendo, lasciando il palco senza neanche un bis.

Dopo di loro M.I.A., un pop che non possono reggere e quindi butto l’orecchio al Tent Stage dove, dopo Neony, These New Puritans e James Blake, stanno suonando gli Hurts, ma non è né new wave né blando synth pop quello che cerchiamo. Meglio andare sul sicuro e passare al reggae dei Vavamuffin al World Stage, onnipresenti in ogni manifestazione in cui sono implicati giovani e musica. Dopo averli visti almeno un altro paio di volte dal vivo posso dire di aver capito davvero ciò che loro danno al loro pubblico e quello che li rende il pubblico così legato a questo gruppo: l’affetto quello sincero e la gratitudine che si legge negli occhi dei musicisti quando vedono altre persone cantare i loro testi, non proprio scorrevolissimi. E’ un continuo ringraziare, ed un continuo ballare sulla musicalità già di per se reggae che – l’avreste mai detto? – viene naturale alla lingua polacca. La chiusura totale del festival è affidata a Deadmau5, dj e produttore canadese diventato in pochi anni uno dei più rispettati nel mondo della musica dance, apprezzato soprattutto per la vigorosa progressive house delle sue selezioni. Ed è una grossa testa da topo, dall’alto della consolle del Main Stage, a far scorrere le ultime ore di quella discoteca a cielo aperto.
Nell’edizione del 2010, tanto per fare qualche nome, c’erano stati Pearl Jam, Kasabian, Massive Attack, Pavement, FatboySlim, Grace Jones, The Hives, Ben Harper, Cypress Hill, Skunk Anansie, Klaxon, Archive, Tricky, Groove Armada e tanti tanti altri. Quest’anno solo Coldplay, Prince, The Strokes, Pulp e M.I.A. sulla locandina occupano lo spazio di tutti quei nomi scritti sopra. Confidiamo fiduciosi nel prossimo anno…
Comunque, per chi decidesse di andare il prossimo anno c’è una cosa che non si deve dimenticare di fare a festival finito: una bella passeggiata lungo le rive del Motława, a Danzica. Per depurarsi da tutto e rilassarsi, almeno una sera, ascoltando il pianoforte che arriva dalla Filarmonica Baltica Polacca che ogni sera sovrasta il centro storico sul fiume. Al tramonto, magari.

Emiliana Pistillo

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