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GEZZ, Generazione Jazz

Generazione_Gezz

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Giovanni Guidi e The Unknown Rebel Band

0_014Apre il Gezz, Generazione Jazzdall’11 al 30 novembre – una delle formazioni più interessanti e brillanti in campo, la The Unknown Rebel Band, un progetto che il pianista Giovanni Guidi, da quasi due anni, sta portando sui palchi. Si tratta di un tentetto di puri talenti, parte integrante di quella rivoluzione jazzistica italiana che cerca aria nuova.
Si abbassano le luci e sul palco della Sala Sinopoli, l’11 novembre, non entrano attempati maestri dall’esperienza marchiata dalle rughe. Entrano giovani, in jeans e tshirt colorate. Riusciranno a tenere incollato e ipnotizzato il pubblico per un’ora e mezza.
Dalla “Freedom Suite” di Rollins al chiaro omaggio alla Liberation Music Orchestra, ai lavori di Carla Bley e al “We Insist! Freedom Suite Now” di Max Roach. È così che l’idea di Giovanni Guidi prende forma e incrocia le tradizioni popolari delle idee “ribelli” dei grandi movimenti, fanfare, compostezza orchestrale unito ad uno squisito free jazz. Un progetto in cui si dimostra l’attualità dell’ideale di liberazione, ma che allo stesso tempo vuole tenere viva la memoria, essenziale coscienza da cui si sviluppa il futuro.
Non ci sono protagonismi. Tutti i musicisti hanno lo stesso spazio, sotto lo sguardo serio di Guidi che non primeggia la scena, ma coordina il tutto con l’estrema passionalità che lo distingue.

La mano è inizialmente agli ottoni, uno schieramento di prima linea composta dall’esplosivo Mauro Ottolini (trombone), Mirko Rubegni e Fulvio Sigurtà (tromba), Dan Kinzelman (sax tenore), Daniele Tittarelli (sax contralto e soprano), David Brutti (sax basso e baritono). Cominciano con una specie di marcia trionfale, o una sorta di chiamata alle armi, con il pezzo dedicato al famoso ragazzo sconosciuto della piazza di Tienanmen che si trasforma in delicato swing. Si raggiungono anche atmosfere più pesanti, recuperate da improvvisi sbalzi di temperatura. Un po’ come le proteste che esplodono, si affievoliscono, generano tristi conseguenze ma che poi riescono a guardare avanti.
Dopo soli sette minuti Guidi si presenta in modo ufficiale ipnotizzando il pubblico, prendendolo prima con le buone, per poi costruirci intorno un vorticoso incastro di arpeggi e tasti che, alla percezione, si confondono. Una tela che presto si ingarbuglia alle spietate percussioni di Michele Rabbia, e poi2 agli ottoni che sfociano in psichedeliche fanfare.
Durante il concerto si passa dai riferimenti alla primavera di Praga nella dolce “Prazske‘ Jaro”, si alternano intensi assolo. Il caos sul palco si conclude, gli ottoni si abbassano insieme ai musicisti e danno pieno spazio al contrabbasso di Giovanni Maier, prima, ai rumori e ai giochi che un magistrale Michele Rabbia, poi, tira fuori come da un cilindro magico. Sbatte, scuote, dà vita a qualsiasi cosa, anche alla carta stagnola. È da queste follie che si passa a suonare di quelle che la lotta per la Legge Basaglia aveva spazzato via. Si sente una banda dissonante e strampalata. Poi è il momento della batteria di João Lobo.

Si sono alternati momenti di estremo divertimento a quelli di viscerale emozione. Si è raccontata la storia di ribelli sconosciuti, quelli a cui non sapremo dare un volto, ma forse un suono sì.
Il bis ci regala uno splendido assolo di Giovanni Guidi che, poi, accennando il motivo di “Sono Sethu Ubumnyama” invita tutti gli altri strumenti a prendere posto e a seguirlo. In un crescendo di personalità musicali che si aggiungono man mano, riuscendo a ricreare una perfetta sensazione di ricostruzione, quella che rigenera, appena dopo lo sconforto per una battaglia persa. È il sapersi rialzare di chi lotta per la libertà. Credo sia soprattutto quello il messaggio di questo progetto.
Ci salutano con un motivetto che sentirò canticchiare da tutti uscendo… That’s all Gezz!

Emiliana Pistillo

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