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Confessioni di una mente criminale

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[TEATRO]

confessioniROMA- Al Teatro Belli, una banda criminale romana nata negli gli anni “di piombo” si racconta al pubblico, descrivendo lo scenario tipico dei giovani di borgata venuti al mondo sotto una cattiva stella.

Natalino detto il sorcio sceglie di uscire dall’anonimato e di finire in una banda, sceglie una volta rimasto solo di costruire una nuova famiglia di figli e patriarchi, di pistole e rapine, di prigione e vita da bar.
Nato al Predestino, Natale cresce in una famiglia disastrata come tante: madre assente per il figlio, ma molto presente per il suo pseudo amante dell’est, padre padrone destinato alla violenza casalinga, nessuno da cui carpire modi di vita alternativa. Così Natale prova la violenza un po’ per gioco e un po’ per forza, scoprendo la galera e come vivere ai margini della società. La strada e il bar divengono la sua casa e la sua scuola di vita.
Un eccezionale Alfredo Angelici racconta la vita di Natale, la sua storia di delinquente comune negli anni ‘70, dentro le bande criminali di periferia senza mai arrivare alle più grandi e rinomate, accompagnato dai fedeli amici di scorribande, un po’ testimoni e un po’ musici di una colonna sonora del tempo.
Sulla scia dei ricordi Natalino ripercorre i tempi della sua iniziazione accanto al capo Manolo, che lo prende sotto la sua ala protettiva cercando di farne il suo pupillo. Tra rapine, estorsioni, discoteche e prostitute però scopre anche l’amore vero, quello puro e delicato di una ragazza semplice fuori dai soliti circuiti. I suoi ricordi si perdono tra gioie e dolori, tra scoperte, rimorsi, tessendo un filo probabilmente già scritto e comune a tanti altri. Proprio quando il protagonista sceglie di cambiare, di tornare ad essere un semplice ragazzo, magari futuro marito e padre, un evento tragico lo riporterà sulla strada dove la sua vita era nata, non più come protagonista, ma come vittima di scelte sbagliate, tempi sbagliati e sicuramente anche una società sbagliata.

Confessioni di una mente criminale commuove il pubblico, lo fa sorridere, lo coinvolge fino alla fine grazie all’interpretazione mai lasciata al caso, ma studiata in ogni particolare, da parte del protagonista Alfredo Angelici che si dimostra all’altezza del testo di Danilo Pennone e della presenza scenica che richiede.
Ad accompagnarlo sul palco lo stesso Pennone, sulla scena sia nei panni del personaggio Cric sia come musicista (chitarra, mandolino, ukulele), autore delle musiche insieme al cantautore romano Marco Turriziani (voce e chitarra anche lui interprete nel ruolo del Molisano) e a Salvatore Zambataro (quest’ultimo, nella veste di Capellino, al clarinetto e alla fisarmonica).
A rendere completo lo spettacolo sicuramente insieme alle ottime performance degli attori è necessario citare le scelte registiche, ad opera di Marcello Cutugno, il disegno luci e i costumi che proiettano lo spettatore in un’epoca molto televisiva e finora poco teatrale, ma senz’altro degna di un cartellone d’alto livello nel panorama drammatico romano.

Manuela Tiberi

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