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Odio l’Estate: incontri in musica

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Benvenuti al Grand Hotel Cristicchi!

1Nel Grand Hotel Cristicchi prima di farti accomodare ti intrattengono nella hall con tutti gli onori del caso. Un antipasto veloce è pronto su una cassa, ehm… sul tavolino. Uno spumantino frizzante  – Gnu Quartet –, un melone in agrodolce – la lettera dall’Italianistan – e solo dopo un’efficace benvenuto si può entrare.
Solo allora l’eclettico direttor Cristicchi dà il benvenuto, come uno dei migliori maître sulla piazza, a quelli che saranno i suoi ospiti per le prossime due ore. È una parentesi di Odio l’Estate, il festival che vede la luce per il primo anno a Villa Carpegna. È il 24 agosto e ci facciamo accompagnare tra le “stanze musicali” del Grand Hotel Cristicchi, il singolare spettacolo tra teatro e canzone che il cantautore romano sta portando in giro da aprile.

Accompagnato dalla formidabile bravura del quartetto dei genovesi Gnu Quartet e del polistrumentista Michele Ranieri, Simone Cristicchi ripropone vecchi e nuovi successi riarrangiati in chiave da camera. Si snoda con abilità nel costruire una cornice di senso ironica, acida, provocante e sarcastica. La sensazione che ti rimane alla fine dello spettacolo è quella di aver fatto un’unica, intensa, conversazione con chi è sul palco.
Si parte da “L’Italiano”, una rivisitazione presa in prestito da Cutugno, passando dai nuovi “Il pesce amareggiato”, la dolcissima “Insegnami” dedicata al figlio, l’elegante poetica di due diverse storie d’amore e di solitudine “Angelo custode” e “L’ultimo Valzer” – per cui quest’anno ha vinto il premio Mogol. Senza tralasciare i classici“Studentessa universitaria”, “Senza”…

E poi ci sono le parole, tante. Fa’ ridere e sognare con l’aforisma di Woody Allen sulla vita all’incontrario e poi ci riaccompagna con i piedi per terra con una versione parental control di “Semo gente”, la poesia di Bozzone in “Berliguer ti voglio bene”.
Una cura ricostituente di emozioni vengono dalla “stanza” dei ricordi, in cui basta poco per immaginare, come dice Cristicchi, “Battisti che scrive un pezzo con De Andrè, Ivan Graziani che racconta una barzelletta a Rino Gaetano, un concerto con Mia Martini, Modugno, Tenco, Lauzi, Gaber… Altro che primo maggio!”. Prima di un tributo al maestro della canzone italiana Sergio Endrigo – dalla sua “Estate” prende il nome la manifestazione e con lui Cristicchi aveva duettato nel 2006 – in una dolcissima “Io che amo solo te”. Ma non è l’unico omaggio al passato. Nel corso dello spettacolo Cristicchi “omaggia” i vecchi immigrati italiani, descritti in termini impietosi all’inizio del secolo scorso nel Congresso americano, e quelli che oggi puntano il dito (“Che bella gente”). Omaggia Gabriella Ferri con “Grazie alla vita”, per poi continuare a sgusciare tra l’arte di Roma fatta di stornelli (“Vecchia Roma”) e poesia (“La vecchietta cieca”, Trilussa).
Spunti di riflessione a cui sono annesse anche pillole per tirarsi su, quelle che fanno piegare in due il pubblico dal ridere: basta una samba “tuscolanizzata” (“A sambà d’à Tuscolana”) e si può proseguire con le prossime legnate di amaro estro e irriverenza. Ci anticipa così un pezzo del 3poema “Li Romani in Russia” di Elia Marcelli, la cui rappresentazione teatrale lo porterà a fare monologhi in giro per l’Italia da novembre. Poi “Genova brucia”, che abbiamo visto cambiare tante volte dal 2007, nelle parole – le polemiche fanno aggiungere qualche condizionale – e negli arrangiamenti –  passando dal punk rock, allo ska e ora al jazz da camera – ma che riesce a conservare ogni sua prerogativa, a far venire gli stessi brividi ogni volta, amplificate stavolta dalle vibrazioni e dalle tensioni armoniche degli archi.

Arriviamo nella stanza dello scherno: dal pianoforte gioca a prendere in giro qualche suo collega, senza dimenticare di prendere in giro se stesso con una versione alla Fossati della classica “Vorrei cantare come Biagio”, trasportata poi in ambientazioni swing. Prende in giro le vittime dei talent show (“Meteora”) e con “Ombrelloni”, la canzone più azzeccata in questo festival, tutta la logica dei tormentoni estivi. Poi si apre un simpatico siparietto comico che ha come protagonisti tutti i suoi compagni di palco, dal polistrumentista Michele Ranieri agli Gnu Quartet (che dimostrano una spiccatissima predisposizione al gioco), muniti di parruccone per “Bastonaci Signore” e “Volemo le Bambole”.
Il tempo passa velocemente, c’è giusto il tempo di concludere con un brano tratto dal libro di racconti Centro di igiene mentale – Un cantastorie tra i matti e l’immancabile “Ti regalerò una rosa” in una versione in cui trattenere i brividi poteva risultare molto arduo. L’ultima è “Meno male” e finalmente i bambini dietro di me smettono di dire “ora la fa, ora la fa…”, anche se, ahimè, visibilmente perplessi dalla versione ad archi.
Simone Cristicchi crea un percorso preciso. Parte dalla precisa denuncia di una situazione amara, tenta di risollevarla confidandosi nel futuro e delinea trasversali prospettive al limite dell’immaginazione. Fa spaziare la mente tra passato, dolce o amaro, ci riporta alla realtà pesante eppure infondo insignificante, se presa con ironia. Colpisce a fondo e tira fuori la lama con un sorriso, nel suo particolare modo di raccontare l’abbandono, la solitudine, il grigiore dell’attualità informativa e giovanile. 
Posso suggerirvi un hotel per la prossima estate?

Emiliana Pistillo

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