Skip to main content

Sophie Calle: interpretate la mia anima

sophie-calle
[ARTI VISIVE]

sophie-calleLONDRA – Immaginate di trovarvi lontano da casa. Immaginate di ricevere inaspettatamente una lettera dal vostro/a partner, che attraverso un nebuloso scritto, vi comunica che la vostra relazione è finita. Provate ad immaginare, ora, l’incredulità e lo sgomento che ne seguiranno.

Questo è ciò che Sophie Calle, fotografa e video-maker francese, ha avuto il coraggio e l’abilitàsophie-calle_installationview di mettere in scena. Già presentata al Padiglione francese della Biennale di Venezia, l’opera risalente al 2007 è stata riproposta nella sua versione inglese alla galleria londinese di Whitechapel.
Take Care Of Yourself, ovvero prenditi cura di te: questa è la frase con cui il suo compagno si congeda nella lettera a lei indirizzata. Questo, è diventato il titolo della mostra, in cui l’artista ha esposto al pubblico il disorientamento, la sofferenza e lo sforzo da lei intrapreso per cercare di comprende il contenuto di quella lettera per lei così misteriosa, che è divenuta il filo conduttore di tutta l’esposizione.

Il suo lavoro si concretizza in un’equilibrata alternanza fra linguaggio iconografico e testuale, ma ciò che maggiormente sorprende, è l’originalità con cui essa ha intessuto l’opera. L’artista francese ha provato a cercare attraverso altre voci ed altri volti, quella risposta che lei non ha saputo sophie-calle_womeninizialmente trovare. Essa ha infatti chiesto a 107 donne di dare una risposta, un’interpretazione a quella missiva, chiedendo loro di sostituirsi idealmente a lei.
Nella prima parte dell’opera, attraverso una corposa serie di fotografie, viene rappresentata l’istantanea reazione nell’apprendere la notizia: incredulità, strazio, pianto, corpi immobili, volti assenti, attacchi isterici. Tante diverse reazioni che ritraggono tante donne diverse, accomunate dal fatto di essere riprese mentre sono immerse nella loro quotidianità, e realizzano ciò che è accaduto loro.
Nella seconda parte, è inscenato il tempo della comprensione, dell’elaborazione della perdita. In questa sezione troviamo altre donne: di età, nazionalità e professione differenti. Un nome, un primo piano fotografico e i ferri del mestiere di ognuna di esse, attraverso i quali tenteranno di formulare una risposta.
Una musicista compone una melodia, una ragioniera stila un bilancio in cui non tornano i conti, una sophie-calle1scrittrice analizza le scelte linguistiche dell’autore, una fumettista ne tira fuori uno schizzo e una ragazzina di 12 anni che non si capacita del motivo per cui se si sostiene di amare una persona, la si debba lasciare. E così via, in una carrellata di figure femminili, che si susseguono fino all’ultima sala in cui la fotografia cede il passo ad una serie di video, in cui un’ironica rilettura di Luciana Litizzetto si alterna alla danza di una ballerina o al canto di una corista.

Oltre alla bellezza della fotografia e alla forza del video, viene data tanta rilevanza anche al testo scritto e a quello orale, quasi a compensare quel vuoto di comunicazione che tanto ha afflitto l’artista.
L’aspetto più interessante di questa rappresentazione è che ne è scaturito un elaborato introspettivo, ma che ci mostra, al contempo, le mille possibili sfaccettature di un percorso di presa di coscienza e di reazione.
Vista la forte partecipazione “compatetica” del pubblico, Sophie Calle è stata in grado di trasmettere emozioni vive, riconducendo ciascuno ad un’esperienza personale, riportando alla mente brucianti sofferenze o, magari, risvegliando sensi di colpa.

Claudio Aleotti

arti visive, Claudio Aleotti, Londra, martelive, martemagazine, News, Sophie Calle, Take care of yourself

Lascia un commento