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Lewis Carroll Factory

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Avete mai desiderato addentrarvi nella Tana del Bianconiglio? Magari bere una tazza di tè con il cappellaio Matto o attendere, sotto il ramo di un albero, la venuta del violaceo e inquietante Stregatto? Perché, francamente, entrare nel mondo della Lewis Carroll Factory è come varcare la soglia di un mondo fantastico, pieno di orrori e fantasie attraenti.

lewis2La Lewis Carroll Factory è nata nel 2007, da Luca Vecchi, Francesco Erba e Tiziano Martella: la loro missione è quella di divenire una vera e propria cooperativa, trasformando i sogni di registi emergenti o autori indipendenti, in realtà. Una bella impresa per questi ragazzi che si occupano di scenotecnica, messa in scena e di tutto ciò che può illudere l’occhio umano e non solo.
Lungo questi anni, la Lewis Carroll Factory si è fatta strada attraverso diversi lavori, con specializzazione in costume, trucco ed effetti speciali di make-up. Da Al di là del Buio, corto basato sull’UomoRagno, a Morituris, fino ad Asylum, presentato al MArteLive.
Un po’ come apparire nella Gotham City di burtoniana memoria o accompagnare a braccetto Edward Mani di Forbici: intraprendenti, spiritosi e coinvolgenti, Luca, Francesco e Tiziano, ci raccontano dell’esperienza a Cannes, della resa del loro Goblin, delle speranze lavorative e dei loro miti intramontabili. Sono loro il futuro Italiano degli effetti speciali e noi li abbiamo intervistati per voi…

Da che cosa deriva il nome Lewis Carroll? Come mai la scelta del grande scrittore/matematico?
LUCA- “Lewis Carroll”, in realtà, nasce in una circostanza del tutto casuale, forse cogliendo, per l’appunto, le circostanze del nostro primo lavoro, che per causa di forze maggiori ci ha indicato la giusta direzione nella quale lavorare. “Factory” è un omaggio alla “Fantastic Factory” di Yuzna e Gordon in Spagna. Una realtà così vicina ma, al contempo, così lontana.

Come è nato il vostro gruppo? O, meglio, da chi è partita l’idea iniziale?
LUCA- In primis, ma penso di parlare a nome di tutti, è nata da una necessità di pensare, progettare, costruire ed infine mettere in scena ciò che avevamo in mente (al quale ci sono poi da mettere in conto le eventuali manipolazioni di computer grafica). Infatti il più delle volte, del proscenio, ci si preoccupa poco prima di premere il tasto REC. Questo -posso assicurarvelo- anche soltanto inconsciamente, distrugge la finzione che instauriamo con lo spettatore.
Successivamente, visto che molta gente ne aveva bisogno, abbiamo deciso di mettere al servizio del prossimo questa opportunità. Ovviamente, sempre con un occhio indirizzato ai nostri progetti, come si suol dire: impara l’arte…
L’iniziativa è partita da me, ma vi ha immediatamente aderito Francesco Erba e seguono mesi di intercambio per la figura del truccatore/ice; poi, infine, l’investitura ufficiale di Tiziano Martella ai costumi come baronetto di Windsor. Per non parlare del vitale apporto di Giulia Donato per tutto ciò che concerne il lavoro fotografico e di impaginazione grafica.

Il vostro stile richiama molto il mondo visionario, dai tratti abbastanza macabri, molto lewis1alla Tim Burton. A chi vi ispirate e quali sono i vostri registi/artisti prediletti?
LUCA-  I riferimenti visivi, e di linguaggio, per lo più puntano al cinema degli anni ottanta hollywoodiano. Il cinema, per eccellenza, delle ricostruzioni in interno, dei Puppets, dell’animatronico, di Lucas, Carpenter, Gilliam, Burton, Dante, Craven, Raimi, Scott, Verhoeven, Barker.
Anni di sperimentazione artigianale, che combinata ad un ancor esordiente tecnica digitale, dava il massimo. Ora l’artigianato si è estinto, in funzione di una CGI sempre più invadente ed ambiziosa e un occhio di riguardo va a Guillermo del Toro che, attualmente, penso sia l’unico che ancora predilige il connubio e, che a mio parere, costituisce e costituirà sempre la miglior soluzione visiva e di espressione.
FRANCESCO- (sorridendo) Io aggiungo Cronenberg.
TIZIANO- Io personalmente attingo molto al cinema anni 70′, anch’esso basato senza ombra di dubbio, sul lavoro artigianale.

Fra tutte le vostre opere, quale vi ha soddisfatti maggiormente e perché?
LUCA- Io penso Morituris, uno slasher su dei gladiatori/morti/pazzi che, in un contesto da “rape and revenge” fanno piazza pulita in un bosco. Un po’ perché è stato un lavoro abbastanza sofferto (specie per me e per Tiziano), ed un po’ perché è stato il primo (ed attualmente unico) lungometraggio al quale abbiamo preso parte.
Per non parlare del fatto che ci ha dato l’opportunità di lavorare con professionisti quali Sergio Stivaletti e David Bracci agli effetti speciali. Aspettiamo però, l’occasione di vedere il prodotto ultimato, fino ad allora evitiamo di dire castronerie, magari abbiamo fatto un lavoro impietoso.

Al di là del buio, cortometraggio su SpiderMan ha fatto uso delle vostre particolari tecniche. Sono state spese molte parole sulla resa di Goblin. So che è stato reso un effetto sconosciuto in Italia, vorreste spiegare un pò lo stile personale che volevate offrire a Goblin?
LUCA- Harry Hosborn, fondamentalmente, è un “wannabe” poiché altri non è, che l’emulazione del padre e non abbiamo mai condiviso la versione futuristica del film di Raimi.
lewis4Volevamo qualcuno abbastanza pazzo da scegliere qualcosa che è una maschera, ma che al contempo non lo é, perché è attaccata alla sua faccia, proprio come succede nel fumetto. Quindi è stato preso un calco facciale, al quale è stata poi enfatizzata l’espressione, per realizzare successivamente un trucco prostetico; ovvero, una protesi additiva in lattice, che poteva seguire anche in minima parte i movimenti e le espressioni dell’attore. Ci vuole molta pazienza per una resa finale accettabile, sia da parte dell’attore, che sotto il lattice si sente in trappola, e la sua pelle comincia a sudare senza aver occasione di traspirare e sia da parte del trucco, che necessita di svariate ore.
Ricordo che una volta Giorgia Bono, la meravigliosa assistente del mio Prof di effetti speciali Leonardo Cruciano, mi disse che la maggior parte degli attori agli alti vertici Italiani, addirittura di fiction storiche, non sopportano neanche il supplizio di una barba finta. L’ultimo film di Bellocchio (Vincere) è un esempio tangibile ed attuale: Timi, inizialmente Mussolini padre, diventa poi Mussolini figlio e la madre, una splendida Giovanna Mezzogiorno non viene neanche sottoposta all’ombra di un invecchiamento, niente collo di gallina, niente guance cadenti per gli anni che passano.
Secondo il mio modesto parere, la reputo una cosa imbarazzante che a me, personalmente, ha distrutto quella finzione filmica che il regista ha tentato di istillarmi nel corso della durata dell’intera pellicola. Non capisco come professionisti che si reputino tali possano imbestialirsi anche solo per un calco facciale in alginato cosa che, all’estero, sarebbe fuori discussione. Questo processo, fa indissolubilmente parte della vita di un attore professionista, del quale lui personalmente, dovrebbe essere promulgatore.
Il trasformismo è alla base della recitazione, specie se incentivato da un trucco ingente, che sarebbe anche soltanto fulcro di una miglior resa.
Per tornare all’ Harry Hosborn di Aldilà del Buio, senza ulteriori digressioni, l’impermeabile Australiano alla Hitcher ha fatto il resto.

L’italia, purtroppo, è povera nel campo degli effetti speciali, o almeno non ci si getta a capofitto come molti altri paesi. Cosa ne pensate a proposito? Sperate di raggiungere un certo livello all’estero?
LUCA- Proprio a Cannes abbiamo conosciuto chi si occupa degli effetti speciali della maggior parte dei film fantastici girati a Pinewood e ti posso assicurare che il loro book fa spavento.
Io personalmente, come direbbe Leo Cruciano, “ne devo ancora mangiare di bistecche“.
Accetterei di lavorare all’estero solo perché avrei bisogno di lavorare, in generale, ma gli standard esteri, anche solo Spagnoli, sono molto in là per il nostro tiro.
Me lo auguro, anche perché, il cinema di genere in Italia è un miraggio e la gente che lavora a ribasso chiedendo sempre meno per realizzare “presunte opere di genere”, è pazza. Per fare il cinema di genere ci vuole pecunia e questa è una realtà alla quale non si sfugge.

A voi, martedì sera, viene dedicato l’evento Cheshire Cat. Come vi sentite in proposito e cosa vi aspettate dalla serata?
LUCA- Molto eccitante anche se, purtroppo -almeno finora- non abbiamo avuto molte occasioni per cogliere una particolare attenzione dal punto di vista del proscenio, nelle opere visionate. Ho letto molti nomi influenti tra le ultime proiezioni, ripongo fiducia in loro. Certo, senz’altro il premio non sarà un Emmy o un Oscar e speriamo piuttosto, che funga da incoraggiamento per i videoamatori ed i film-maker e questo è quanto.

Parlate un pò di Asylum, cosa ha significato per voi nella parte tecnica e cosa ha significato per Francesco Erba, sotto l’aspetto registico?
FRANCESCO- Asylum nasce alla fine di un biennio di scuola di cinema (NUCT) come prova lewis3pratica per gli insegnamenti appresi durante il corso di regia tenuto da Stefano Bessoni (Imago Mortis, 2009), tra l’altro cogliamo l’occasione per salutarlo.
E con la voglia di creare qualcosa di “diverso” dai soliti cortometraggi di stampo drammatico/sentimentali prodotti. Questa “sfida” ci ha imposto un approccio il più professionale possibile, passando per ogni step produttivo tipico di una grossa produzione: partendo dalla fase di previsualizzazione e Concept fino ad arrivare alla fase finale di vfx.
Penso che la cosa più importante che questo cortometraggio ci ha dato è stata la possibilità di confrontarci con ogni singolo aspetto e “personalità” che compone una produzione normale per un film di genere fantastico/horrorifico e di sperimentare tecniche di effetti speciali fisici e digitali che per una piccola produzione sono comunque un evento raro. Il film affonda le radici in due direzioni: una, che ha influenzato l’aspetto narrativo, è l’opera, l’arte e la biografia di uno dei più importanti scrittori e sperimentatori del nostro tempo, Lewis Carroll; e l’altra, che ha influenzato l’aspetto visivo e concettuale, è l’arte di Dave Mac Kean ed in particolare il lavoro svolto per la grafic novel Arkham Asylum.
Sotto l’aspetto registico la sfida maggiore è stata quella di riuscire a comprimere all’interno del tempo messoci a disposizione dalla scuola  (3 giorni di shooting) tutti gli elementi e gli intenti di partenza, riuscendo a raccontare una favola nera, in cui tema e atmosfera dominanti fossero la follia, la disperazione e la claustrofobica prigionia.

Francesco, la tua opera sembra in tutto e per tutto un omaggio a Carroll, ricalcando diverse metafora in riferimento ad Alice nel Paese delle Meraviglie. Cosa hai voluto trasmettere attraverso questo cortometraggio?
FRANCESCO- I fantasmi personali di un uomo che concepiva favole e situazioni assurde che paradossalmente e per ironia della sorte si riperquotono in una realtà grottesca. Come potrebbe essere per il videogioco “American McGee’s Alice” uscito su PC una decina di anni fa. Oppure l’ “Abarat” di Clive Barke o, per formulare un terzo esempio, “Tideland” di Gilliam.

Progetti futuri?
FRANCESCO- In cantiere abbiamo numerosi lavori tra cui i più importanti sono: Macarona Killer e IX Legio.
Il primo è un horror/slasher attualmente in fase di Pre-produzione che, grazie a contatti presi durante l’ultimo festival di Cannes 2009, speriamo entri presto in fase effettiva di produzione.

TIZIANO- IX Legio è un peplum ambientato nell’antica Roma, anch’esso è in fase di sviluppo ed entro la fine dell’anno avremmo un primo trailer integrale.

LUCA- Il terzo è un restyling di Van Helsing chiamato Uroborus.

Il regista di Al di là del Buio, Stefano Morandini, ha detto di voi: “Grazie a loro riesco a dare vita ai miei sogni“. Come vi sentite nel ruolo di “creatori magici”?
LUCA- (ride) Mi lusinga e penso di parlare a nome di tutti: Stefano Morandini è uno di quei film-maker che ti lascia carta bianca e questo è apprezzabile, anche perché ti da l’opportunità di dedicartici, senza restrizioni di alcun genere, affrontando, di volta in volta, i problemi che riscontri nella pre-visualizzazione e nella successiva applicazione pratica, aspetti che raramente coincidono, specie quando sbagli il materiale che hai scelto per la resa finale. Ovvio, una supervisione, da parte di chi tiene le redini del progetto è essenziale affinché fili tutto liscio e non ti sfugga di mano niente. Comunque anche per quanto riguarda il fan-movie di Stefano attendiamo la resa finale. Proprio ieri mi ha comunicato che il corto è quasi ultimato e che non intende più rimetterci mano (il ché non so se sia un bene o un male).
Per concludere, non è per guastare le uova nel paniere, puntualmente, instillando incubi agli infanti, ma ricordiamo che la “magia” ha un costo di realizzazione, alludo ovviamente ai materiali e alle sperimentazioni, ai prototipi, ai modellini. La ricorrente espressione “no-budget” o “low-budget”, che si è soliti incontrare negli annunci su Internet, è qualcosa che ha ucciso questa magia.

Dato che fare un’intervista per il MArteMagazine è un pò come firmare un patto con il Diavolo, dovete mandare un saluto ai nostri lettori e prometterci una seconda intervista, sui vostri futuri lavori…
LUCA, FRANCESCO, TIZIANO- E’ stato veramente un piacere immenso e speriamo che l’intervista sia uscita dalle righe e possa esser stata interessante ed anche un minimo “istruttiva”. Speriamo di aver invogliato qualcuno a fare davvero la differenza e per quanto riguarda voi di MArteMagazine “mi casa es tu casa!”, quindi, fatevi vivi quando volete! Saluti!

 

Alessia Grasso, cinema, Lewis Carroll Factory, martelive, martemagazine

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