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Generazione X: Nobraino e Roberto Angelini

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ROMA- Siamo entrati nella sala del Teatro Studio che, ancora, la platea era semivuota.
Ci sediamo in terza fila, sedia scomoda a dir la verità, ma in fondo è un teatro studio, non c’è da stare comodi, bisogna ascoltare, sperimentare, provare. Pochi minuti e si spengono le luci: l’orologio batte le 21.

03Il presentatore dà il via all’ultima serata dedicata a Generazione X, rassegna di 10 concerti in cui giovani emergenti sono stati accompagnati da altrettanti “testimoni” già affermati, con l’intento di dedicare uno spazio per far emergere i nuovi talenti, così da far incontrare le voci e i suoni di una generazione ancora sconosciuta, senza nome, ma ricca di idee, di nuovi fermenti e impulsi creativi.

Sale sul palco per prima la cantautrice Melissa Ciaramella, sola con la sua chitarra è emozionata per il fatto di aprire il concerto, facendo da “spalla” ai Nobraino che, nell’ambiente, cominciano ormai ad essere poco sconosciuti e sempre più osannati da pubblico e critica. Intona la sua voce delicata con un brano a cappella che scalda gli animi dei presenti: il suo folk rock acustico, un po’ pop, non è forse innovativo, ma sicuramente è sentimentale, coinvolge il pubblico che batte le mani a tempo e si lascia incatenare alle sedie scomode di prima senza battere ciglio. Regala una chicca la Ciaramella cantando una canzone che farà parte del suo prossimo lavoro “La mia quercia”, in cui ci si perde, con la dolcezza delle note basse e gli acuti di quelle alte.
Si impappina quando parla col pubblico e ci scherza su, in fondo l’autoironia è l’unica cosa che salva gli artisti emergenti: la capacità di non avere paura pur avendola.

Un veloce cambio di palco e “loro”, attesissimi, si sistemano dietro i loro strumenti: Nestor 03comincia a far cantare la sua chitarra elettrica. Quando ci guardiamo intorno scopriamo che la sala si è riempita, anche se, ancora, l’atmosfera non è calda al punto giusto. Manca ancora Lorenzo Ciavatta in arte Kruger sul palco, l’anima del gruppo, il front- man che più di così non si può, quello che il pubblico lo fa diventare parte integrante dello spettacolo, lo coinvolge, lo prende in giro, con quella vena un po’ narcisista, ma pur sempre buona, che contraddistingue quelli che, in nuce, sono davvero dei grandi artisti, proprio perché poliedrici e senza limiti.
Inizia la serata vera e mano a mano che si va avanti, tra esilaranti gag tra strumentisti, cantante e la simpatica e azzeccata new entry della serata, gli artisti di strada Paolo (giocoliere, trampoliere, clown) e Letizia (clown sexy trash), il concerto prende forma e, come ogni vola che si va ad ascoltare un live dei Nobraino, prende una forma imprevedibile, coinvolgente, esilarante ed esasperante allo stesso tempo. Ogni volta mi viene da dirmi: se ci fosse uno di quegli insegnanti di musica canuti e bigotti che affollano i nostri conservatori, Kruger sarebbe in grado di fargli cadere anche gli ultimi capelli rimasti! Eppure è così che incanta il suo pubblico: con la sua voce calda, profonda, graffiante, con i suoi occhiali da sole così kitsch, con i suoi giochi sparpagliati nel baule da cui per ogni canzone tira fuori qualcosa di talmente impensabile, inconsueto, del tutto fuori luogo da essere esattamente quello che ci vuole. E poi le melodie, la tecnica strumentale dell’intera gang riempiono di suono puro le orecchie degli astanti, senza mordergli i timpani, ma trascinandoli in ritmi orecchiabili, coinvolgenti, che finiscono per piacere a tutti.

Si arriva a metà concerto, viene chiamata sul palco la guest star della serata: Roberto 05Angelini. Sale solo con la sua chitarra acustica e si insinua nelle “corde” dei Nobraino alla perfezione, un lungo inizio strumentale è l’occasione per tutti, compreso lui, per dare sfoggio di abilità tecnica e improvvisatoria: Bartok al basso, Vix alla batteria, Nestor alla chitarra elettrica e i fiati davvero fantastici del Duca d’Abruzzo con le evoluzioni di Angelini, uno sballo!
Dopodiché i Nobraino gli cedono il palco, scendono per andare a farsi una birra nel backstage (dicono salutando Angelini ed il pubblico). Solo due pezzi ci regala il cantautore romano, ma tanto basta per trattenerci ancora di più sulla poltrona sempre più scomoda. In bilico tra jazz, blues, ma anche un po’ rock, le dita volano sulla chitarra acustica, la sfiorano, la battono, la tecnica di Angelini è strepitosa e la sua “Marrakesh” è un fiore di armonia musicale.
Tornano i Nobraino per il gran finale che ci regalerà un cane fantasma a spasso per la platea, un giro in bicicletta ed un’escursione nei meandri segreti del sottopalco. E il bis? Come ha detto Kruger: “non c’è bisogno che ce lo chiedete, noi lo facciamo lo stesso” e vanno avanti ancora con altre tre canzoni del loro repertorio. Finchè non ci salutano (sono quasi le 23:30) dandoci appuntamento però al Contestaccio: lì la musica continuerà fino a notte inoltrata…Beata gioventù!!!

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