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MArteLive 2008: III appuntamento

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Il_7 sulla Pittura Live – III serata

Catia Briganti (Calù Art) assembla oggetti tridimensionali da appendere al muro come feticci tribali la cui natura gioiosa non può essere certo messa in dubbio dalla loro struttura ad incastrro.
L’autrice lavora con “legni di recupero dipinti con acrilico ed immaginazione”, ingredienti necessari e sufficienti per trasformare blocchetti di un materiale tradizionale ed amico in ottimi esempi di arte del riciclo, la cui presenza nel panorama delle Arts & Crafts contemporanee accanto ai più avanzati prodotti del design industriale, appare indispensabile.
I relitti materici naturali infatti alludono costantemente a tracce emozionali di un vissuto che ancora ci appartiene, mentre le scorie radioattive non hanno direi la stessa valenza. Ineludibile, poi, la strizzata d’occhio ai grandi bricoleur del secolo scorso, da Picasso a Schwitters a Picabia, ma senza dimenticare il Nouveau Realisme e l’Arte Povera. In fondo tutti noi ci ritroviamo, dall’inizio, “getta-ti“ nel mondo.

Il processo creativo di Marco Useli (www.marcouseli.com) ben si presta ad eventi live: inchiostra pannelli, cartoncini ed altro con un grosso rullo arancione con cui realizza stampe a contatto per poi intervenire con puntuali e precisi spruzzi di colore, all’inseguimento di forme biologistiche come polpi e calamari, presenti serialmente nelle sue opere con grande dispendio di tentacoli e filamenti. L’artista, sardo di nascita ma fiorentino d’adozione, ci informa che nel Pacifico galleggia da cinquant’anni una massa di rifiuti grande come il Texas, e nota come Vortex Trash, che as-sorbe tutto come un mollusco. Il fare creativo di Useli non è che un’esclamazione, una risposta attivistica, frenetica ma positiva, in reazione a quel Vortex. Useli è però al contempo consapevole che la velocità con cui applica i suoi schemi mentali è leggibile come il riflesso di una consunzio-ne rapida di cui sono preda anche gli eventi artistici. Verso, direzione ed intensità con cui le sue forme semplici, archetipiche si ripetono scandendo un ritmo para-industriale, le espongono ad un logorìo che è lo stesso a cui sono sottoposte le strutture dell’attività neurale umana in quest’era di sovraccarico informativo. Ed è anche alla morfologia neuronale che Useli vuole apparentare i suoi totani, in un’analogia subdola e formicolante.

Marjan Fahimi intrattiene un rapporto poetico con la superficie ed il colore; il pigmento si addensa talvolta con un certo spessore, ma soprattutto incanta la rarefazione di queste sedi-mentazioni pallide, come nel felice caso del dipinto che vede protagonisti degli steli che si stagliano contro un cielo diafano e autunnale, o nel pregevole quadro consacrato ad un terzetto di piccioni perdigiorno in cima ad un muro percorso da alcune tubature scoperte. In genere l’attenzione di Fahimi è catturata ed indugia con affetto su intonaci esposti alle ingiurie del tempo, su cui segni incisi o graffi o scolature attraversano ampie campiture.

Bog Dan Ursu ci presenta figurazioni orientaleggianti e calde nei toni che si affacciano in questa dimensione orgogliose del loro manierismo post-cubista non disgiunto da un certo decorativismo vagamente klimtiano. Tra queste raffigurazioni capita di imbattersi in un giullare devastato ri-splendente nella scomposizione cubo-surreale della sua livrea e in una moderna sultana a tinte pastello che vanta occhiali da sole vistosi e una chioma notevole, come se appartenesse ad una gang metropolitana, mentre un altro quadro restituisce in dettaglio la sensualità soffusa di un’atto autoerotico compiuto da una cortigiana in un limbo sognato. Nella tela che l’artista stava lavoran-do live, viceversa, due profili emergevano a fatica ai due lati di un flusso verticale prevalentemente bluastro che conferiva gagliardia alla tavolozza senza diminuire la quota d’indefinito di queste epifanie incerte.

(Marco Settembre)

 

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